Tim Duncan: Il frastuono del silenzio

Quante volte ci è stato detto, durante la nostra vita, magari da parte dei genitori nell’ambito familiare, o dai professori in quello scolastico, o da allenatori e Senior in quello sportivo, che il silenzio vale più di mille parole?
Ecco, io sono dell’ idea che ci sono poche persone al mondo che riescono a coniugare le due cose perfettamente, considerabili dei geni, e diventare leggende.
In ambito musicale, basti pensare a Freddie Mercury; praticamente due persone diverse nello stesso corpo: nel privato un uomo timidissimo e silenzioso, sul palco una straordinaria creatura che teneva in pugno migliaia di fans con il suo carisma inarrivabile.
Se pensiamo alla pallacanestro, invece, non può non venire in mente Tim Duncan, tanto carismatico quanto silenzioso.
Non sono uno psicologo, ne niente di simile, ma mi piace pensare di provare anche lontanamente a capire cosa c’è nella testa di Tim.
Come fa una persona con un QI cestistico così elevato, a non aver bisogno di neanche una parola per scambiare discorsi che potrebbero tranquillamente durare una giornata intera?
A lui però basta lo sguardo, nient’ altro che gli occhi, per comunicare senza problemi. In più, sembra non trasmettere emozioni, come se avesse una sorta di impermeabilità a tutto ciò che succede attorno a lui, come se non ci fosse nient’altro al mondo che gli importi.
Beh, direi anche che se al primo sorriso che fai in carriera vieni espulso, te credo che non hai tutta sta voglia di sorridere!
Il lavoro, in silenzio è sempre stato nelle sue corde; Tim infatti ricorda bene le parole che la madre usava per motivarlo :


“Good, better, best. Never let it rest. Until your good is better, and your better is best”.


E’ un motto che qualunque sportivo dovrebbe seguire il più possibile se vuole arrivare in alto.
E lui in alto ci arriva, eccome se ci arriva.
Non sono tante, le persone che riescono a cambiare in modo cosi tangente una lega sportiva di questo livello in silenzio.
Silenzio esteriore, ovviamente; non credo che dentro la testa la situazione sia la stessa, anche perché se gli osservate gli occhi, anche se all’ apparenza vi sembreranno spenti, vedrete una lucentezza unica, che solo i geni hanno in dote.

E nella testa c’è un frastuono, le parole utilizzate della madre per incitarlo (morta due giorni prima del suo 14° compleanno), il desiderio di quest’ultima che suo figlio un domani potesse avere un’ istruzione e laurearsi (cosa che lui fece per non mancare alla promessa fatta alla madre), i ricordi dell’ uragano che aveva distrutto la sua isola da ragazzino.

Lui ce l’ha fatta, e secondo me il come lo si capisce da una cosa; Tim non è una persona scaramantica, ma ha un rituale che secondo me è veramente stupendo, perchè in quel momento avviene una combinazione perfetta.
Prima di ogni partita, era solito “abbracciare” la palla forte contro il proprio petto.
Ecco, secondo me, in quel momento, quello che poteva succedeva attorno al 21 in maglia neroargento era un silenzio tombale,la testa si svuotava di pensieri e si creava un’ armonia tra il suo silenzio e il mondo circostante, tale da rendere Tim come se non ci fosse bisogno di altro per essere felice.

E a lui stava benissimo cosi perché in fondo, diciamocelo, siamo tutti più felici con una palla in mano.

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